La disciplina diretta a regolamentare misure di assistenza, cura e protezione delle persone con disabilità grave prive di sostegno familiare costituisce uno dei punti più alti di quei compiti che gli articoli 3 e 38 della Costituzione affidano allo Stato, chiamato a "rimuovere gli ostacoli" che si frappongono alla inclusione sociale, al benessere e alla autonomia delle persone con disabilità. Se il perseguimento di tale scopo trova un consenso unanime è sulla individuazione degli strumenti idonei a conseguirlo - su cui si misura la bontà e la sostenibilità di un sistema - che vi è diversità di opinioni. Innanzitutto, non pare opportuno distinguere il dopo di noi dalla complessa questione della disabilità dei gravi e gravissimi di cui il primo rappresenta solo un aspetto anche se il più grave.
Sarebbe stato opportuno affrontare complessivamente il problema partendo innanzitutto dalla individuazione delle categorie. Il riferimento all'articolo 3 comma 3 della legge 104/92 cui rinviano i disegni di legge per individuare la disciplina applicabile del dopo di noi è concetto estremamente generico. I disabili gravi e gravissimi costituiscono una vasta area che racchiude forme e tipologie diversissime di disabilità: la disabilità fisica è diversa da quella psichica; la non autonomia è diversa per i down, gli autistici, i malati di SLA e le persone in carrozzella. La diversificazione dei destinatari porta ad una disciplina più aderente e idonea a sopperire ed affrontare le esigenze connesse ai diversi tipi di disabilità. Il legislatore, ancora una volta, pare muoversi con un intervento settoriale, e senza la costruzione di un sistema di interventi complessivo e diversificato. Ancora una volta si affrontano i problemi con la politica dei "Fondi" variabili eventuali e insufficienti e non attraverso un sistema istituzionalizzato di prestazioni, servizi e aiuti economici essenziali cui corrisponda una piena libertà di scelta del disabile grave o di chi lo rappresenta.
Comunque, vanno segnalati due aspetti meritevoli: la previsione di cui all'articolo 2 comma 1 del d.d.l. n. 2232 per i LEP (Livelli Essenziali di Prestazioni) e il sostegno economico integrativo di cui all'articolo 3 comma 1 del d.d.l. (800,00 euro).
Manca, invece, nei disegni di legge il riferimento al soggetto che dovrà assistere e rappresentare la persona disabile nel dopo di noi. Sarebbe stato opportuno introdurre una disciplina integrativa dell'amministratore di sostegno e un ampliamento delle tutele oltre che relative alle questioni economiche del disabile grave anche con riferimento ai diritti personali e personalissimi.
Non può non segnalarsi l'assoluta inadeguatezza della previsione del trust quale unico strumento idoneo per la tutela del dopo di noi (costoso per la costituzione e la gestione e applicabile solo laddove sussistano patrimoni consistenti destinati alla vita del disabile grave). Il trust, come disciplinato, tutela non gli interessi dei disabili ma poteri economici sottostanti, ben visibili, che guardano alla disabilità grave più che come un problema delle persone come un mercato. L'Ordinamento italiano prevede istituti diversi e molteplici, idonei, anche attraverso una loro coniugazione, a tutelare i soggetti privi di assistenza familiare. Solo per citarne alcuni:
- Testamento o legato
- Usufrutto
- Fedecommesso assistenziale
- Atto di destinazione patrimoniale
- Donazione modale
- Rendita assicurativa
- Contratti di mantenimento
- Prestito volontario ipotecario.
Tutti questi istituti possono essere utilizzati per finalità di assistenza e il legislatore avrebbe potuto inserire una clausola di meritevolezza laddove la funzione è quella di tutelare un disabile grave, con conseguente previsione di esenzioni o agevolazioni fiscali. Ancora non può non sottolinearsi che i due disegni di legge, in particolare il 2232, sono carenti in ordine alla elencazione delle finalità del Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave e prive del sostegno familiare in quanto la destinazione è vincolata quasi esclusivamente per interventi di tipo abitativo.
Si ritiene opportuno segnalare l'assenza di coordinamento con altri due disegni di legge, all'esame della Camera dei Deputati: il n. 3414/2015 relativo alla disciplina del c.d. caragiver e il n. 1985/2014 che, a proposito di soluzioni per il dopo di noi, interviene sugli articoli 692 e ss. c.c. e con espresso riferimento al problema del dopo di noi, prevede la costituzione del patrimonio con vincolo di destinazione, modificando la disciplina del fedecommesso assistenziale.
Un fatto certamente grave è costituito dalla mancanza di una disciplina sui diritti dei disabili gravi e sui poteri delle persone che li rappresentano in materia di diritti personali e personalissimi. Importante sarebbe stato disciplinare le forme di assistenza dei familiari, costretti ad abbandonare il posto di lavoro o che non hanno intrapreso alcuna attività lavorativa per assistere i disabili gravi, introducendo norme che assimilano la loro prestazione all'attività lavorativa con tutte le conseguenze contributive e retributive connesse. In tal modo si sarebbe dato al disabile una maggiore possibilità di rimanere nell'ambito della famiglia di origine e si sarebbe dato riconoscimento formale e completo all'opera di quei familiari impegnati nell'attività di assistenza. Alla luce di quanto espresso pare di potersi concludere che sarebbe stato opportuno ridefinire l'intero assetto normativo e limitare, nelle more, l'intervento alla erogazione di una prestazione economica integrativa rispetto ai benefici già esistenti in modo da meglio fronteggiare le esigenze attuali dei disabili gravi e gravissimi privi di sostegno familiare.